Miei cari amici di penna,
oggi parleremo dell’importanza del protagonista e sul perché sia fondamentale una caratterizzazione efficace in cui non devono mai mancare i conflitti interni del suo personaggio principale.
Se vi siete persi i precedenti suggerimenti di scrittura, li trovate qui:
Tessere la trama su cui costruire la storia
Undici regole semiserie dello scrittore
Regole di scrittura (creativa)
Indice
Caratterizzazione del protagonista e conflitti interni
Negli scritti precedenti è stato sottolineato che una trama narrativa non può essere concepita separatamente dai suoi personaggi, dal momento che scaturisce dalle loro azioni. Questo vale non soltanto in una storia d’azione o d’avventura, quando il conflitto è aperto e ben identificato, ma a maggior ragione quando un protagonista ha in sé dei tormenti, dei conflitti interiori, interni, i cui nodi costituiscono gli ostacoli principali sul filo della narrazione.
Una caratterizzazione efficace è quella che permette all’ingranaggio narrativo di muoversi attorno al suo protagonista. Ma per raggiungere questo scopo è necessario che l’azione scaturisca da un contrasto di elementi, cioè sviluppi un conflitto drammatico.
Due metodi per presentare il protagonista e la sua caratterizzazione
Esplorare sino in fondo le motivazioni, le azioni e le possibili reazioni di un personaggio è un compito fondamentale che ogni scrittore deve affrontare. Solo cosi, infatti, il protagonista sarà messo in grado di “camminare sulle sue gambe” e procedere nella narrazione.
Ci sono due modi per rendere effettivo l’ingresso del personaggio nella storia: il metodo indiretto, tramite l’intervento dell’autore, e quello diretto, attraverso il suo aspetto, il suo atteggiamento, le parole, i pensieri, le azioni, il suo comportamento.
Il metodo indiretto
Il metodo indiretto presenta indubbiamente numerosi vantaggi. L’autore può facilmente “dire” molto con poche parole, concentrando i tratti salienti di un personaggio in pochi aggettivi. Questo metodo, però, ha un difetto: il lettore si sente preso per mano dall’autore e non usa il suo spazio creativo di ricerca e di giudizio sulle qualità del soggetto.
Il metodo diretto
Con il metodo diretto il personaggio, la sua caratterizzazione, si rivela con le sue azioni e quindi l’unico metro di giudizio è il suo comportamento.
L’autore, naturalmente, può scegliere cosa mostrare e cosa no, ma in ogni caso non “dice” niente che possa suscitare un pregiudizio nel lettore. Anzi, il protagonista si rivela al lettore man mano che appaiono gli elementi esteriori (l’aspetto fisico, come si veste, come cammina) e interiori (i suoi desideri, i suoi pensieri, ecc.) della sua personalità. Lo scrittore, in questo caso, deve dare al lettore gli elementi per farsi un’idea personale del personaggio che ha davanti.
Sviluppare la trama attraverso il carattere del protagonista
Naturalmente si può fare uso di entrambi i metodi – diretto e indiretto – perché essi non costituiscono affatto due categorie assolute e inseparabili. Una volta scelto un metodo o una combinazione di metodi, assicuratevi che i “tipi” che avete inventato racchiudano in se stessi l’anima della storia. Ricordatevi che devono essere chiamati ad agire con una motivazione, per un fine, in piena coerenza con i tratti salienti della loro personalità; inoltre, cosa più complessa ma anche più affascinante, sono chiamati ad affrontare le contraddizioni interne della loro personalità.
Non confondere l’autore con il protagonista
La conoscenza della natura umana è certamente indispensabile per conferire un senso di autenticità ai romanzi ed è vero che un autore parte sempre o quasi sempre da qualche aspetto della propria personalità o esperienza. Ma l’artista crea, non si limita a replicare.
Ricordiamoci sempre che la narrativa è una ramificazione della realtà, filtrata dall’immaginazione. Teniamo sempre ben presente che una vasta porzione dell’esperienza umana è mentale.
Quindi, un personaggio nasce e cresce in narrativa perché esiste già nella mente dello scrittore. Lo scrittore opera sui drammi mentali elaborandoli e trasformandoli in vite “vissute” di persone fittizie. Ma, in ogni caso, il risultato non può essere l’equivalente di una confessione pubblica.
Far parlare e agire oggetti inanimati e loro caratterizzazione
In alcuni casi si possono utilizzare personaggi inanimati a patto che in essi si riflettano alcune caratteristiche umane ben riconoscibili.
In sostanza, alcune volte e solo in certe storie, può risultare efficace lo stratagemma narrativo di far parlare o agire oggetti inanimati.
E’ la tecnica della “personificazione”, che ha origine nella tendenza, innata nell’uomo, di raffigurare nel mondo esterno a sua immagine e somiglianza, quindi di trasferire i propri vizi, virtù, paure e desideri in personificazioni più o meno “divine”, siano esse letterarie o artistiche.
Nel linguaggio comune usiamo continuamente forme di personificazione senza neanche accorgercene. Diciamo che la macchina “non vuole” partire, che il vento “urla” e che il tempo “corre”. Per non parlare di particolari espressioni, magari prese dalle parti del corpo umano, ma ormai entrate a far parte del linguaggio comune, come la “gamba” del tavolo, il “collo” della bottiglia e cosi via, che indicano la nostra tendenza naturale a personificare il mondo che ci circonda.
Esiste un vastissimo regno inanimato che aspetta soltanto la nostra fantasia per prendere vita.
Basta mettere per un momento da parte la razionalità e liberare la fantasia per sprigionare tutta la nostra creatività.
Che dirvi se non…
Buona caratterizzazione dei personaggi a tutti!
Brava Tina, bell’articolo, molto interessante!
Grazie Patrizia! Un abbraccio, Tina