La Giornata Internazionale contro l’Omofobia, la Bifobia e la Transfobia è un momento cruciale per promuovere l’inclusione e combattere la discriminazione. Ogni 17 maggio, comunità in tutto il mondo si uniscono per sensibilizzare l’importanza della lotta contro l’omofobia e per sostenere i diritti LGBTQIA+.
Ma serve davvero? In questo articolo faccio a botte con la mia narcisistica presunzione di saper leggere piuttosto bene l’animo umano e rispondere a chi affronta il concetto di inclusività come se parlasse della cosa più scontata al mondo da realizzare.
Indice degli argomenti
Che cos’è la giornata contro l’omofobia? Storia e significato della data
Istituita per la prima volta nel 2004, la Giornata Internazionale contro l’omofobia mira a sollevare consapevolezza riguardo le sfide che affrontano le persone LGBTQIA+ e a promuovere politiche per la loro reale integrazione all’interno di una società che “dovrebbe essere” aperta e inclusiva… visto che il termine in questione appare sempre più frequentemente sulla bocca di tutti!
La data del 17 maggio è stata scelta per commemorare il giorno in cui l’OMS ha depennato l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali nel 1990. Dio mio, signori e signore: parliamo di malattia mentale!?!
Il 17 maggio quindi non a caso è diventato un simbolo di progresso e di lotta continua contro la discriminazione. La giornata non solo commemora i passi avanti nella lotta per i diritti LGBTQIA+, ma è anche un momento per riflettere sul lavoro ancora necessario, perché vi garantisco che di strada ce n’è ancora da fare, per eliminare pregiudizi e violenze.
Campagne di sensibilizzazione digitale
Mi sono domandata se possano essere uno spunto utile questi due esempi di campagne di e per la sensibilizzazione a livello digitale…
- #WearItPurple: iniziative sui social media dove le persone sono incoraggiate a indossare qualcosa di viola in segno di solidarietà verso la comunità LGBTQIA+, condividendo le loro foto con l’hashtag dedicato.
- Video testimonianze: distribuzione di video su piattaforme come YouTube o TikTok in cui membri della comunità LGBTQIA+ condividono le loro storie e le sfide affrontate, educando il pubblico sulla realtà della discriminazione e su come combatterla.
Rileggo il loro contenuto e mi dico che potrebbero essere ottime iniziative, ma poi, mi fermo un attimo a riflettere e inizio a scuotere la testa tra me e me.
Perché vi domanderete voi?
Esperienze di vita vera
Perché da persona critica, altamente razionale e poco incline a credere nella bontà della natura umana, sono convinta che per quanto ci si possa sforzare, e passatemi il termine, non si arriverà mai a una condizione in cui “tutto ciò che è diverso” (da ciò che poche menti hanno stabilito in origine cosa fosse naturale o meno) smetta realmente di fare paura. E quindi non sia più oggetto di pregiudizio, sorrisini tirati o mezzucoli da quattro soldi per far fuori, anche professionalmente parlando, chi non rientra nei parametri prefissati.
Io sono etero?
Direi di si, ma conosco in prima persona lo scotto da pagare per essere comunque “una persona diversa”. Soffrire di una malattia mentale, agli occhi dei più, ti rende un emarginato, un pericolo da evitare o, nelle migliori delle ipotesi da tenere a distanza. E tu, che ti senti già male con te stesso, non vuoi che anche gli altri ti facciano star peggio e capisci presto che nascondere la propria vera identità, tutto sommato, sia il compromesso – il male minore – più accettabile per vivere tranquillamente all’interno di questa società.
Perché da soli non si può stare. Perché vivere lontano dal branco è un atto contro la natura umana…
Pensateci seriamente, onestamente: quanti, di Voi diversi, hanno avuto il coraggio di fare il famoso coming out? E quanti ancora oggi invece si nascondono?
Articolo molto bello e importante
Grazie! Per noi è molto importante che i nostri messaggi arrivino alle persone.
Grazie mille!!!!😘🥰