Miei cari amici di penna,
riuscire a “far sentire” la voce della parola scritta è una vera e propria arte, quasi una magia che l’autore è chiamato a compiere.
Il metodo più idoneo per raggiungere tale obiettivo consiste nell’adottare il discorso diretto, che consente di trasmettere con grande efficacia a chi legge una quantità di contenuti difficilmente descrivibili altrimenti.
Impariamo ad usare il dialogo.
Ma per chi si fosse perso i suggerimenti di scrittura precedenti:
Regole di scrittura (creativa)
Tessere la trama su cui costruire la storia
Caratterizzazione del protagonista
Indice
Come scrivere un buon dialogo e far sentire la voce della parola scritta
Scrivere un buon dialogo è uno dei compiti più difficili per chi affronta la stesura di un testo narrativo.
Non basta il supporto tecnico di un registratore o di un quaderno di appunti, né è sufficiente sapersi esprimere in maniera disinvolta o avere il dono di una parlantina sciolta per trasmettere sulla pagina le sfumature e le tonalità di una conversazione.
Se la lingua parlata è l’espressione per eccellenza della comunicazione umana, anzi può considerarsi la carta d’identità di una persona, le parole di un dialogo narrativo sono il tratto distintivo del personaggio di una storia. Tuttavia, per trasformare il discorso diretto in una carta vincente, è necessario rimboccarsi le maniche, imparare come si usa e come funziona, scoprire tranelli e segreti, e conoscere a fondo affinità e differenze tra parlato e scritto.
Imparare a cogliere le sfumature e far sentire la voce della parola scritta
Chi scrive ha più volte sottolineato quanto sia importante, per chi vuole approcciarsi al mondo della scrittura, leggere.
Quindi…
Il primo passo è quello di leggere con attenzione buoni dialoghi in letteratura, per abituarsi a cogliere tutte le sfumature: si avrà cosi l’impressione di ascoltare le voci dei personaggi cosi come sono.
In realtà, vi accorgerete presto che un dialogo che suona bene in narrazione non sempre corrisponde a una conversazione nella vita reale.
Del ricco bagaglio espressivo che accompagna la lingua parlata, solo alcune caratteristiche si possono riprodurre in un testo scritto. Punti interrogativi o esclamativi, puntini di sospensione, accenti gravi o acuti, parole in corsivo, in grassetto o sottolineate, e via dicendo, non sono che espedienti linguistici per accentuare o diminuire il tono di voce dei personaggi di una storia.
Quando il lavoro è ben fatto, il lettore è in grado di ritradurre mentalmente il discorso diretto, la voce della parola scritta, in parlato, e l’illusione di ascoltare un dialogo autentico sarà realizzata.
Tenere conto dei punti di vista
La forza di un buon dialogo è quella di colpire il lettore e, nella secca disposizione a botta e risposta, comunicargli una sensazione particolare, vivida, che lo renda partecipe del punto di vista, delle sensazioni e delle emozioni dei personaggi.
La capacità di un’autore di presentare, attraverso il dialogo, due punti di vista opposti, implica la sua abilità di immedesimarsi senza parzialità in entrambi i personaggi e al tempo stesso di guardarli dall’esterno per quel che sono, senza volerli giudicare.
Il compito di scrivere bei dialoghi, di far sentire la voce della parola scritta, è molto difficile ma provateci e fatemi sapere.