Laureanda intervista Camilleri: la mia prima intervista!

intervista Camilleri

Raccontare della mia intervista a Camilleri è sempre un’emozione indescrivibile perché quello che c’è stato dietro le quinte è un qualcosa di straordinario che io ancora oggi ricordo con emozione.

Tina non sarebbe bella una tesi su Andrea Camilleri?

La mia intervista a Camilleri fu dovuta alla mia tesi di laurea in filosofia. Un giorno la mia relatrice mi disse: “Tina non sarebbe bella un’intervista a Camilleri. Che ne dici?”.

E io presa subito dall’entusiasmo le risposi di si con la testa dando per scontato che, a fronte di quella proposta, la mia relatrice avesse il contatto diretto con il maestro o chi per lui. Non vi sto a raccontare la mia delusione quando candidamente mi disse che non aveva nessun contatto!

Il succo del discorso era semplice: se avessi voluto scrivere una “tesi unica nel suo genere” mi sarei dovuta sbattere da sola – passatemi il termine – per trovare “quel fantasmagorico contatto” che forse, e dico forse, mi avrebbe permesso di interagire con Camilleri.

Ma io, laureanda di venticinque anni che vivevo in un paesino dell’entroterra siciliana, come potevo fare?

Erano gli albori di internet e noi studenti si navigava ancora con un modem 56K e salvavamo tutto sui floppy disk; parliamo di 21 anni fa quando ancora non esistevano i social media e i motori di ricerca per eccellenza erano Virgilio e Libero!

Scrissi una lettera aperta al Camilleri fan club e con mia grande sorpresa mi rispose in via privata Lupo, presidente del gruppo, che mi diede un numero di fax da contattare, non mancando di sottolinearmi che “non mi garantiva che Camilleri mi rispondesse”.

Piena di entusiasmo mi recai nell’unico tabacchi del paese per inviare la mia lettera aperta, nonostante una vocina nella testa mi continuasse a ripetere che c’era una sola possibilità su cento che il maestro accettasse la mia richiesta a farsi intervistare… ma IO CI DOVEVO PROVARE!

Intervista a Camilleri?

Quello era un periodo della mia vita in cui non stavo particolarmente bene a livello di salute e il riuscire a laurearmi era diventato l’obiettivo da realizzare a ogni costo. Ricordo ancora l’immagine di mia madre che, non appena uscii dalla tabaccheria, sventolando in mano il mio cellulare mi gridava a squarciagola: “C’è Camilleri, c’è Camilleri al telefono!!”.

Io che inebetita dall’emozione non riuscivo a capire ciò che mi stesse dicendo il maestro e mi ritrovai a rispondere: “Si, si… va bene. Grazie!”. Mi ci vollero diversi minuti prima di realizzare che Camilleri non solo aveva letto la mia lettera, ma addirittura aveva accettato di farsi intervistare da me, proprio da me!

Ci saremmo visti il 6 settembre, giorno della sua nascita, in occasione della festa per San Calogero; nonostante Camilleri fosse ateo – o ancor meglio agnostico – era solito scendere in Sicilia in quel periodo dell’anno. Gli promisi di richiamarlo a breve per organizzarci, ma in realtà passò un bel po’ di tempo senza che lo feci a causa degli innumerevoli impegni universitari e i soliti problemi di salute con cui dovevo fare i conti.

Ricordo che a novembre gli rispedii un fax, inviando come contatti sia il mio numero di cellulare sia quello di casa da utilizzare nel caso in cui il telefonino fosse spento.

E neanche a dirlo avvenne proprio così! Stavo nel bezzo di una riunione studentesca, rigorosamente con il cellulare spento, quando lui mi contattò. Trovando il cellulare spento, Camilleri chiamò casa dove rispose mia madre, Donna Stellina.

Lei rimase ad ascoltare le parole del maestro in assoluto silenzio fino al momento in cui non si fece riferimento alla data fissata per l’intervista. Senza rendersi conto dell’importanza dell’oratore e dell’eccezionale regalo che mi stava facendo, con una naturalezza disarmante, Donna Stellina gli rispose che per quella data “io non sarei stata disponibile ad intervistarlo” perché la nostra famiglia si sarebbe recata in Germania per una vacanza.

Quando mia madre mi raccontò per filo e per segno l’accaduto per poco non mi venne un accidente. Tentai di rimediare subito a quell’impiccio inviando a Camilleri un fax in cui lo pregavo di non tener conto della telefonata avuta con Donna Stellina e che avrei rinunciato alla prima comunione di mia nipote Allison pur di intervistarlo.

Ma Camilleri se la legò al dito

Ma Camilleri se la legò al dito e non rispose più. Eravamo arrivati già ad aprile e io tentai più volte a contattarlo prima della partenza per la Germania, ma non ottenni alcuna risposta. E dopo aprile iniziò maggio. A breve sarebbe scaduto il termine per iscrivermi alla sessione di laurea prevista per il periodo estivo, ma nonostante i miei ripetuti tentavi di ricucire lo strappo con lo scrittore siciliano, non ottenni più alcuna risposta.

Non passava giorno in cui non alzassi la cornetta e componessi quel numero di telefono per lasciare l’ennesimo messaggio in segreteria. Fu così che a metà maggio sconsolata decisi – tra un pianto isterico e l’altro – di fare l’ultimo tentativo.

Sotto lo sguardo afflitto di mia madre, che da un lato si sentiva in colpa per l’accaduto e dall’altro era molto preoccupata per il mio stato di salute, composi quel numero di telefono che oramai conoscevo così bene. La mia voce ormai spenta stava ripetendo la solita litania quando improvvisamente non sentii un CLICK e la voce di Camilleri che mi disse: “Allora amica mia, che vuoi fare? Vieni, non vieni? Mi mandi le domande? Che cosa fai?”. Io gli risposi che se mi avesse regalato anche una sola possibilità avrei preso il primo volo disponibile per raggiungerlo a Roma, a casa sua!

Camilleri fissò il fatidico appuntamento e mi diede una decina di giorni per trovare un volo per Fiumicino: ero al settimo cielo e trascorsi i giorni che mi separavano dalla partenza in uno stato assoluto di ansia! Avrò controllato e ricontrollato le mie domande non ricordo quante volte. E finalmente arrivò la data tanto attesa!

Partenza per Roma: intervista Camilleri!

In una giornata di pioggia una ragazza vagava nei pressi della sede Rai di Roma attendendo che arrivasse l’ora prefissata per schiacciare il campanello con su scritto Camilleri. Al solo pensiero che andavo ad intervistare il Maestro, lo scrittore della serie Montalbano, ero piena di paure.

Chissà com’era quell’omone che tutti osannavano e chissà com’era casa sua dove mi accingevo ad entrare? Come mi avrebbe ricevuto e sarei stata capace di fargli le domande giuste per comprendere meglio quel romanzo della sua serie storica che era oggetto della mia tesi di laurea?

Tanti gli interrogativi che assillavano la mia mente e infinite le mie emozioni al solo pensiero di poter varcare la soglia di quella casa che ospitava quell’autore che veniva tradotto in settantasei lingue. Contrariamente alle mie aspettative tutto avvenne con una naturalezza indescrivibile. Il mio citofonare all’ora stabilita, il mio salire sull’ascensore e l’aspettare l’apertura delle porte, il mio entrare nella casa del Maestro accolta da sua moglie e il mio accedere in quello studio piccolissimo in cui ad attendermi con un sorriso paterno e benevolo c’era lui: Andrea Camilleri.

Ricordo ancora il mio sostare sulla porta perché sovrastata dall’emozione, come ricordo la sua mano stretta alla mia che mi invitava ad accomodarmi su una sedia posizionata accanto alla sua. Per rompere il ghiaccio mi chiese come era andato il mio viaggio, se avessi faticato a trovare l’indirizzo di casa sua e se necessitassi di qualcosa. Dopo aver atteso pazientemente la mia risposta si accese una sigaretta, la prima sigaretta di una lunga serie (fumava Multifilter lunghe rosse), e la nostra lunga intervista ebbe inizio…