Le pecore e il pastore

Le pecore e il pastore

E dopo Il re di Girgenti continua il mio viaggio nel mondo della scrittura di Andrea Camilleri con il suo Le pecore e il pastore. Un viaggio fatto di mistero, di interrogativi, di enigmi non risolti.

Scopritelo assieme a me e, se vi va, leggete anche la recensione precedente:

Il re di Girgenti

Alcuni dettagli essenziali

Autore: Andrea Camilleri

Titolo: Le pecore e il pastore

Editore: Sellerio

Data pubblicazione: 2007

Pagine: 125

Prezzo: 10,00 euro

Partiamo dalla nota da cui ha inizio…

Recita la nota da cui ha inizio…

Nella lettera del 16 agosto 1956 l’Abadessa sr Enrichetta Fanara del Monastero benedettino di Palma Montechiaro cosi scriveva a Peruzzo: “Non sarebbe il caso di dirglielo, ma glielo diciamo per fargli ubbidienza […] Quando V. E. ricevette quella fucilata e stava in fin di vita, questa comunità offri la vita di dieci monache per salvare la vita del pastore. Il Signore accettò l’offerta e il cambio: dieci monache, le più giovani, lasciarono la vita per prolungare quella del loro beneamato pastore”.

Tra cronaca, storia e giallo si impernia una delle tante fatiche letterarie di Andrea Camilleri, Le pecore e il pastore che, come ci racconta lo stesso autore, prende spunto dalla lettura di una nota a piè di pagina inserita ne L’attentato contro il Vescovo dei contadini di Enzo Di Natali.

Sintesi de “Le pecore e il pastore”

Questo piccolo opuscoletto, edito dalla casa editrice siciliana Sellerio, narra un episodio che sembra essere accaduto nel Monastero benedettino di Palma di Montechiaro in Sicilia nell’estate del 1945. Il vescovo di Agrigento, Monsignor Peruzzo, famoso per essere dalla parte dei contadini e contro il latifondo, viene ferito a morte da due proiettili. Per fortuna il vescovo Peruzzo si salvò dall’attentato e il colpevole materiale fu condannato, anche se in contumacia. Ed è da qui che prende avvio il vero corpo del testo. Camilleri, infatti, leggendo il libro del prof. Di Natali, trova in una nota il riferimento relativo al sacrificio fatto da dieci giovani suore per salvare il loro amato vescovo. Il trafiletto lo colpisce e, incuriosito, inizia a chiedere in giro, cercando possibili conferme. Un amico giornalista trova un anziano sacerdote centenario, confessore nel Monastero benedettino durante gli anni ’40, che confermò la morte delle dieci sorelle, non volendo aggiungere altro.

Le pecore e il pastore e l’enigma irrisolto

Trovata conferma della morte delle dieci giovani suore, Camilleri comincia a porsi una serie di interrogativi: come morirono le suore? Morirono per fame e per sete? Perché le più giovani? In base a quali criteri vennero scelte? Camilleri riflette cercando di riempire i vuoti e con la determinazione di un detective, insegue piste labili o cancellate, interroga fonti storiche e documenti letterari e, proprio per il piacere della varietà che lo contraddistingue, utilizza anche un’ampia gamma di linguaggi: da quello italo-siciliano a cui ha abituato tutti gli italiani da qualsiasi regione provengano alla riproduzione della lingua dei documenti seicenteschi, ampollosa e ricca di latinismi, all’italiano corrente, molto colorito e vivace, quasi giornalistico.

Il testo, nonostante le piccole forzature, si legge con piacere e lascia al lettore la possibilità di trarre le proprie conclusioni senza farsi influenzare dalle congetture dell’autore che, come ogni giallista che si rispetti, si rifiuta di dare una soluzione plausibile ad un enigma ancora irrisolto.

Spread the love